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credendo venire in sua grazia. Ma quando li recò, la sta-
gione era passata, che n erano tanti che quasi si davano
a porci. Il segnore vedendo questi fichi, sì si tenne bene
scornato, e comandò a fanti suoi che l legassero, e to-
gliessero que fichi, e a uno a uno gli le gittassero entro il
volto. E quando lo fico li venìa presso all occhio, e quel-
li gridava: Domine, te lodo! I fanti, per la nuova co-
sa, l andaro a dire al signore. El signore disse perch elli
dicea così. E quelli rispuose: Messere, perch io fui in-
corato di recar pèsche: che s io l avesse recate, io sarei
ora cieco. Allora il signore incominciò a ridere, e fece-
lo sciogliere e vestire di nuovo, e donolli per la nova co-
sa ch avea detta.
Letteratura italiana Einaudi 71
Il Novellino
LXXV
Qui conta come Domenedio s acompagnò con uno giullare.
Domenedio s accompagnò una volta con uno
g[iu]llare. Or venne un dì che s era bandito una corte di
nozze, e bandìsi uno ricco uomo ch era morto. Disse il
giullare: Io andrò alle nozze, e tu al morto. Domene-
dio andò al morto, e guadagnò, ché l risuscitò: guada-
gnò cento bisanti. Il giullare andò alle nozze, e satollòsi.
E reddì a casa, e trovò il compagno suo che avea guada-
gnato. Feceli onore. Quelli era digiuno: il giullare si fe
dare denari, e comperò un grosso cavretto e arostillo. E
arrostendolo, sì ne trasse li ernioni e mangiolli. Quando
il compagno l ebbe innanzi, demandò delli ernioni. Il
giullare rispuose: E non hanno ernioni quelli di que-
sto paese.
Or venne un altra volta che anche si bandiro nozze, e
un altro ricco uomo ch era morto. E Iddio disse: Io vo-
glio ora andare alle nozze, e tu va al morto; e io t inse-
gnerò come tu il risusciterai. Signerailo, e comanderaili
che si lievi; ed elli si leverà. Ma fatti fare la impromissione
dinanzi. Disse il giullare: Be·llo farò. Andò, e pro-
misse di suscitarlo; e non si levò per suo segnare. Il morto
era figliuolo di gran signore: il padre s adirò veggendo
che questi faccìa beffe di lui. Mandollo ad impendere per
la gola. Domenedio li si parò dinanzi, e disse: Non te-
mere, ch io lo risusciterò. Ma dimmi, in tua fé: chi mangiò
li ernioni del cavretto? Il giullare rispuose: Per quel
santo secolo dov io debbo andare, compagno mio, ch io
non li mangiai. Domenedio, veggendo che non li le po-
tea fare dire, increbbeli di lui. Andò e suscitò il morto. E
questi fu delibero, ed ebbe la promessione che li era fatta.
Tornaro a casa. Disse Domenedio: Compagno mio,
io mi voglio partire da te, perché io non t ho trovato lea-
Letteratura italiana Einaudi 72
Il Novellino
le com io credeva. Quelli vedendo ch altro non poteva
essere, disse: Piacemi. Dividete, e io piglierò. Dome-
nedio fece tre parte di danari. E[l] giullare disse: Che
fai? Noi non semo se non due. Disse Domenedio:
Ben è vero; ma quest una parte sia di colui che mangiò li
ernioni; e l altre, sia l una tua, l altra mia. Allora disse
il giullare: Per mia fede, da che tu di così, ben ti dico
ch io [li] mangiai. Io sono di tanto tempo, ch io non
debbo omai dir bugia. E così si pruovano tali cose per
danari, le quali dice l uomo, che non le direbbe per
iscampare da morte a vita.
LXXVI
Qui conta della grande uccisione che fece il re Ricciardo.
Il buono re Ricciardo d Inghilterra passò una volta ol-
tre mare con baroni, conti e cavalieri prodi e valenti; e
passaro in nave sanza cavalli; e arrivoe nelle terre del Sol-
dano. E così a piè ordinò sua battaglia, e fece di saracini
sì grande uccisione, che le balie de fanciulli dicono
quand elli piangono: Ecco il re Ricciardo, acciò che
come la morte fo temuto. Dice che il Soldano, veggendo
fuggire la gente sua, domandò: Quanti cavalieri sono
quelli che fanno questa uccisione? Fulli risposto:
Messere, è lo re Ricciardo solamente con sua gente. Il
Soldano disse: Non voglia il mio Iddio che così nobile
uomo come il re Ricciardo vada a piede. Prese un nobi-
le distriere e mandògliele. Il messaggio il menò, e disse:
Messere, il Soldano vi manda questo, acciò che voi non
siate a piede. Lo re fu savio: fecevi montare su uno scu-
diere, acciò che l provasse. Il fante così fece. Il cavallo
era nodrito. Il fante non potendo tenere, sì si dr[i]zzò
Letteratura italiana Einaudi 73
Il Novellino
verso il padiglione del Soldano a sua forza. Il Soldano
aspettava il re Ricciardo, ma non li venne fatto. E così
nelli amichevoli modi de nemici non si dee uomo fidare.
LXXVII
Qui conta di messere Rinieri, cavaliere di corte.
Messere Rinieri da Monte Nero, cavaliere di corte, sì
passò in Sardigna e stette col Donno d Alborea, e inna-
moròvi d una sarda ch era molto bella. Giacque con lei. Il
marito la trovò: non li offese, ma andossene dinanzi al
Donno e lamentossi forte. Il segnore amava questo sardo:
mandò per messere Rinieri; disseli molte parole di gran
minacce. E messere Rinieri, scusandosi, disse che mandas-
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